BO BURNHAM – Make Happy (2016)
Cari fuoriusciti dall’Unione Europea,
come può un ventiseienne fare comicità innovativa nel 2016? Bo Burnham è cresciuto su un palcoscenico, non conosce altro che quell’ambiente e non poteva che allestire uno spettacolo che non è più comedy ma una vera e propria performance d’arte che parla della performance stessa. Il piccolo Bo appartiene alla schiera dei commedianti/musici à la Tim Minchin e Tom Lehrer, ma il suo strumento non è solo il pianoforte, bensì un intero comparto di audio/luci/effetti speciali. Il suo one man show è quanto di più lontano dalla stand-up comedy classica, che ci illude della sincerità del comico: artificiale, immutabile e studiato fin nei minimi dettagli, eppure sincera espressione delle ansie e dei timori di un giovane performer preoccupato di riuscire a far bene il suo show. Avrete capito che siamo in pieno ambito meta-, post- e tutti prefissi che preferite.
“Ho scritto i pezzi durante il tour di what. e verso la fine mi sono chiesto: ‘Come possiamo usare luci ed effetti al massimo del loro potenziale e farne uno show?’ Avevo già sperimentato con luci e tracce pre-registrate, ma di solito mi adattavo alle attrezzature che trovavo nei teatri, questa volta invece ho voluto provare a realizzare uno show in cui la produzione fosse studiata fin dal principio, scritta avendo già in mente la tecnologia a disposizione. Abbiamo testato lo show e siamo andati in tour con la nostra attrezzatura. Le luci dello special sono le stesse che abbiamo usato per un anno e mezzo di tour. L’addetto alle luci e il fonico mi hanno seguito per tutto il tour. Volevo rifare quello che avevo iniziato a scoprire con what. e migliorarlo. Io però odio immediatamente tutto quello che faccio. Vorrei fare qualcosa che non mi faccia ribrezzo quando la rivedo, ma probabilmente fra un paio d’anni proverò la stessa cosa con questo.”
A un certo punto particolarmente elaborato dello show, Bo sottolinea quanto siano costate le luci e che avrebbe potuto utilizzare quei soldi in modo diverso. “Ogni volta che vedi un grosso show, sappi che i soldi spesi in macchine del fumo potevano essere spesi in cibo per bambini africani. Gli stand-up comedian intascano grossi guadagni perché la produzione è nulla. Il guadagno è tutto per loro. Io invece ho fatto una cosa più vicina a quello che fanno i gruppi musicali. Una band ha una gran componente produttiva, dei tecnici con i quali dividere i guadagni. Io ho portato con me ragazzi che in passato hanno lavorato con dei gruppi musicali. Non la considero una perdita di guadagni. Le macchine del fumo costano 0.10$ a spettatore. Alla fine mi faceva piacere investire nello show. Volevo dare alla gente uno show. Sono stato a spettacoli di stand-up in teatri giganteschi, il comico sul palco per me non era che un puntino sfocato e ho pensato: “È bellissimo, è divertentissimo, ma potevo guardarmelo anche da casa alla TV.” I teatri sono spaziosi e ho voluto riprodurre le stesse sensazioni che provo quando vedo un concerto o una commedia.”
Ma con quale spirito Bo Burnham vuole che sia visto lo show? “Quello che faccio consiste nel mordere la mano che mi sfama. È quello che ho scelto di fare. Questo è uno show di lucine e lucette. La mia speranza è che il messaggio dello show sia: ‘Vi servono queste lucette per divertirvi. Perché vi divertite con questa roba?’ e, nel dirlo, divertire il pubblico. Se la comicità consiste nel sorprendere, voglio che le sorprese vengano fuori dalla struttura dello show. Questo show ti mente e ti dice che sta mentendo. Sembra sincero e non lo è. Sembra stupido e poi diventa serio all’improvviso.”
Secondo il suo sito, Bo Burnham morirà il 17 gennaio 2024. “Perché è la data in cui credo che il mio cane morirà, motivo per cui mi ucciderò.”
Lo spettacolo è disponibile su Netflix e all’interno dello zip troverete le istruzioni per visualizzare lo show con i nostri sottotitoli.
Traduzione: Manuela Salidu, Luca Paini, Adrien Vaindoit
Revisione: Nigel Farage
Durata 1hoo’11”
Non sono un esperto ma mi è sembrato un super innovatore (se avete altri nomi fateli perfavore), scenografie e ritmo stupendi, finalmente superato il concetto di stand up comedian novecentesco.
Sicuramente uno spettacolo molto “bianco e americano” , per un pubblico bianco appunto, privilegiato, ma con un autocoscienza limpida di questo (da parte sua). Si può dire che Burnham usi il “White privilege” meglio della maggior parte degli artisti americani, senza autocrocefiggersi come Macklemore, ma mettendo in luce i privilegi tramite la ridicolizzazione dei problemi dell’uomo bianco, arrivando alla fine a mostrare la reale condizione esistenziale derivata dall’apparente banalità di questi problemi. Molto profondo e ben fatto, direi onesto, e non so quanto il pubblico “europeo” over 40 newyorkese presente allo show possa aver capito di tutto questo.
Il modo in cui Burnham mostra la struttura dello spettacolo lo mette a nudo come performer, mostrando quindi da dentro le dinamiche della spettacolarizzazione della società viste da un “straight white man” nato nel 1990.
Geniale e musicalmente buona l’appropriazione del pezzo autotune di West.
Farà strada e proseliti.
Grazie mille della traduzione!
Andrea
Bello, innovativo, talentuoso, piacevole. Troppo distaccato e autoreferenziale però… il tipo dice (nello spettacolo) che l’unica cosa che gli interessa dello stare sul palco è parlare dello stare sul palco… ma a lungo andare questo risulta un po’ straniante ed anche un po’ vuoto… come un condimento senza la pietanza… forse semplicemente non ha ancora abbastanza cose di cui parlare! Col tempo spero che si “allenti” un po’ e trovi un bilanciamento fra struttura e sovrastruttura (ok, è notte tardi). Stewart Lee, per esempio, lo ha fatto, ed ora è molto più godibile a mio avviso.
Detto ciò… un’altra piacevole scoperta. GRAZIE!
Grazie per diffonderlo finalmente, lo seguo da quando ha (e quindi anche io avevo) 16 anni.
I suoi ultimi due special sono due meraviglie secondo me, se mai capiterà e ci riuscirete, “what.” merita di essere diffuso.
Peccato abbia deciso di appendere il microfono al chiodo per un bel po’.
Grazie per il lavoro che fate.
Ragazzi, grazie. Vi amiamo per ciò che fate. Grazie di cuore.